Antigone
Potrebbe essere chiamata la tragedia degli sguardi saettanti;
così meriterebbe essere ricordata “Antigone” di Sofocle, messa
in scena, come di consueto, dal Liceo classico di S.Severina “Diodato
Borrelli” sul finire anche di questo anno scolastico, per come già
annunciava la brochure riportata in coda a queste righe.
Occhi carichi di fulmini, che partono dagli occhi
degli attori giovanissimi e arrivano con inattesa efficacia agli spettatori.
Il pubblico trasale rispetto a quanto arriva dalla scena: avverte che
la freschezza degli anni degli alunni/attori induce gli stessi
a credere vere le cose che proclamano. Il confine tra la scena e la
realtà per questi non c’è; è naturale per loro spendersi per una
causa nobile, un guadagno è il morire – così Sofocle così S.Paolo
- - per far vivere, attraverso la propria carne, Altro, un Dio,
un valore. Il pubblico, in difficoltà, si passa le dita tra i capelli
bianchi che troppo spesso si sono incanutiti tra incoerenze declinate
secondo il dubbio fondato - invece – di un’inarrestabile discrasia
tra la realtà e i prìncipi nel comportamento umano di ogni tempo.
Un fulmine negli occhi di Antigone: i suoi fratelli
si son dati la morte l’un l’altro e adesso Creonte, il re, ne dispone
per uno solenni esequie e per l’altro lo scempio: che il suo cadavere
sia dato alle bestie, ai venti, che non conosca la dignità di sepoltura
alcuna. Antigone sfida la legge e fulmina con i suoi occhi il re, che
è anche il fratello di sua madre e quindi sangue del suo sangue, come,
sangue del suo stesso sangue, è il fratello per cui sta sovvertendo
la legge.
Il suo sentire supera i pregiudizi, supera addirittura
la cultura corrente; sfida il re con ira controllata; negli occhi l’ironia
, il dolore, il panico, l’interrogativo: “Quale il criterio
premiante che usano gli dei con gli uomini?
E’ premiante essere murata viva per far rimanere
in essere un’indicazione valoriale che solo gli stessi dei possono
aver dato?
E perché essi non intervengono per fermare
il corso delle cose?”
Domanda vecchia che si ripete sotto ogni cielo e
per qualsiasi religione.
Dall’altra parte Creonte; è un re ma prima di
tutto è un uomo che si spaventa: Antigone, seguendo la legge del cuore,
che definisce prioritaria rispetto alla legge degli uomini, rischia
di dimostrare ai sudditi la sua incapacità di dominio, il suo limite
di governo.
Creonte, nel deliberare l’infelice sentenza da
cui dipenderà la fine di Antigone ma anche la morte di suo figlio,
di sua moglie, più che preoccuparsi di rendere un servizio alla giustizia,
cerca di difendere il suo potere; vecchia querelle anche questa con
epiloghi che da sempre sembrano l’uno la copia dell’altro.
Creonte urla, occupa la scena, domina con i suoi
gesti il pubblico, ruggisce, fulmina e brucia con gli occhi Antigone
per poi sparire, sconfitto, dalla ribalta.
Sullo sfondo il coro: sarà stata una necessità
determinata dalla qualità delle risorse?
Sarà stata un’audace scelta?
Un’insolita interpretazione del testo che ha dato
risultati totalmente inattesi?
Tra gli sguardi saettanti citati, il coro pare procedere
bendato, orientato a trattenere le passioni traboccanti
dei protagonisti.
Una voce fuori campo, quasi, che arriva a spezzare
il corso bruciante di un’azione o di una reazione.
Un coro alla rovescia: se l’uso di questo era previsto
nell’impianto di una tragedia per particolari scopi, l’utilizzo
dello stesso in quest’occasione, capovolto come un calzino, è giunto
inatteso con risultati originali.
Un coro contenuto tra un gioco di elastici tesi fino
allo spasmo, come tra le dita dei ragazzini, sui quali guizzano
gli sguardi degli uomini e quelli deglì dei.
E’ d’obbligo, prima di congedarci, fare una breve precisazione:
quest’anno dopo “la prima” a S.Severina, si è avuta una replica
molto singolare: la tragedia è stata offerta, dopo pochi giorni,
al pubblico di Roccabernarda, comune del Marchesato anche questo, in
un sito che è stato inaugurato proprio in occasione della rappresentazione
della tragedia: un magnifico teatro in pietra ricavato dal cuore più
antico di quel paese. Non c’è in questo mio dire solo un riferimento
al luogo fisico dove il teatro è stato realizzato ma il riferimento
va anche ai luoghi dell’anima, lì dove hanno battuto i cuori, con
i loro sogni, le loro passioni, di uomini e donne di Roccabernarda,
nel secolo passato. Da antiche case cadenti, grazie alla generosità
delle famiglie che abitavano lì in passato, è fiorito uno spazio
dove le passioni, i sogni, le attese diventano insieme lo spazio dell’arte
e lo spazio dell’incontro tra le persone. Lo spazio dove anche gli
sguardi, come appunto è successo in “Antigone” diventano eloquenti
messaggi che decifrano i linguaggi ben più antichi delle parole:
quelli dell’anima.
Lucia Bellassai
ISTITUTO OMNICOMPRENSIVO
“D. BORRELLI”
SANTA SEVERINA – ROCCABERNARDA
IL GRUPPO “TEATRO SCUOLA” DEL LICEO CLASSICO di SANTA SEVERINA
PRESENTA
ANTIGONE
di SOFOCLE
Personaggi e interpreti
ANTIGONE: SONIA FARAGO’
ISMENE: MIRIAM BARONE
CREONTE: IPPOLITO PINGITORE
GUARDIA: MARCO MASCARO
EMONE: ALFREDO GIOVINAZZI
TIRESIA: ALESSANDRO VACCARO
MESSAGGERO: ANDREA GIORDANO
EURIDICE: NADIA COZZA
CORIFEA: ROSSELLA COZZA
CORO: IDA GIOVINAZZI, IRENE BOMPAROLA, LUIGIA LE
PERA, MIRIAM SEI, MARIANNA CARIA, LUCIA CRISTIANO, MARIA PIA VIGNA,
MARIA RENZO
SERVI: MATTEO CARDELLI, ANTONIO GERARDI
Progetto a cura dei docenti: Cesare Lamanna, Teresa
Amoruso, Alfonsina Macrì, Vittorio Pugliese
La tragedia sarà rappresentata
a:
SANTA SEVERINA - BASTIONE del CASTELLO – DOMENICA 9 GIUGNO – ORE
21
ROCCABERNARDA – TEATRO GRECO – MARTEDI’ 11 GIUGNO – ORE 20.30
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